Plasma anti-Covid: non decolla il progettoTsunami
La sperimentazione del plasma iperimmune è diventata realtà nazionale nel mese di maggio dopo che, visti gli ottimi risultati ottenuti sui malati nei centri di ricerca di Pavia e Mantova, è stato approvato in Toscana il protocollo Tsunami (acronimo di TranSfUsion of coNvaleScent plAsma for the treatment of severe pneuMonIa due to SARS.CoV2) proposto dall’azienda ospedaliero-universitaria di Pisa e accettato ufficialmente dall’Iss e dall’Aifa.
Il progetto di cui si è parlato anche nella conferenza in streaming “Arsenali al plasma” su Donatorih24, si proponeva di applicare la terapia su un più ampio numero di donatori e pazienti, coinvolgendo decine e decine di centri ospedalieri in tutto il Paese, per poi offrire uno studio adeguatamente randomizzato sulle possibilità offerte dal plasma iperimmune come cura nel lungo periodo.
Già in una precedente intervista di DonatoriH24.it condotta alla fine di giugno, Francesco Menichetti, principal investigator di Tsunami e direttore del reparto di Malattie infettive dell’A.O.U. pisana, indicava che il progetto stava subendo dei ritardi nonostante che l’approvazione del Comitato etico su tutto il territorio nazionale fosse avvenuta il 15 maggio.
In vista della conferenza online Covid d’autunno” in programma per domani mercoledì 23 settembre alle ore 18abbiamo chiesto al professor Menichetti a che punto è il progetto.
Il progetto Tsunami per essere attivo in tutto il Paese avrebbe dovuto coinvolgere almeno 60 ospedali e 472 pazienti. In quanti centri è attivo oggi il protocollo e quanti pazienti sono coinvolti?
In totale sono una decina i centri ospedalieri attivati fino ad ora e alcuni di questi stanno arruolando i donatori di plasma iperimmune. Sono in totale circa una ventina gli arruolamenti, di questi solo l’azienda sanitaria pisana è riuscita ad effettuarne undici.
La sperimentazione è diventata prevalentemente toscana perché la maggior parte dei centri attivati è toscana. Speriamo che la situazione possa migliorare.
Quali sono stati gli ostacoli riscontrati che non hanno permesso un completo decollo del progetto a livello nazionale?
E’ emersa una complessità nelle procedure richieste dall’istituto superiore di Sanità. Ma anche una complessità nelle procedure delle aziende sanitarie e ospedaliere. Confidavamo che in tempi di pandemia, avendo l’Iss accentrato lo studio in un unico protocollo, riuscisse a velocizzare queste pratiche a livello nazionale, ma il nostro è stato un calcolo errato.
Dopo che il protocollo è diventato nazionale, cioè gestito da Iss e Aifa, l’impressione è che invece di un’accelerazione ci sia stata una complicazione.
Cosa è successo?
Le procedure dipendono da ciascuna azienda sanitaria locale. Non sono centralizzate, sono complesse e dispersive, e hanno rallentato il tutto. C’è solo da rendersi conto che le procedure non sono state semplificate e che sono un ostacolo all’attivazione dei centri e degli ospedali.
Che percorso burocratico è necessario?
La macchina messa in piedi è complessa. Il percorso di accreditamento, autorizzazione, firma del contratto, non è unico, ma deve essere fatto azienda per azienda, ospedale per ospedale e questo crea dei problemi e dei ritardi.
Quindi per affrontare un possibile ritorno dell’epidemia di Covid-19, a proposito degli “arsenali al plasma”, a che punto siamo con la raccolta di plasma iperimmune?
Sarebbe importante capire perché, dopo l’iniziale entusiasmo, nessuno si stia impegnando attivamente. Si sente un assordante silenzio da parte del centro nazionale sangue, dal centro regionale sangue e dalle associazioni di donatori sul tema raccolta plasma iperimmune. Inoltre i donatori si sono rarefatti e i preparati iperimmuni negli ultimi mesi sono stati ampiamente utilizzati per uso compassionevole.
Per uso compassionevole…?
Se le strutture ospedaliere lo chiedono, noi lo cediamo quando hanno il visto del comitato etico.
Già che siamo qui, vuole lanciare un appello per la raccolta?
Sì, perché le associazioni riprendano l’impegno per richiamare i convalescenti a donare plasma.
Ulteriori difficoltà riscontrate da far emergere?
Si è presentato un progressivo disinteresse da parte dei ricercatori aderenti al progetto che non vedendosi impegnati hanno scelto di dedicarsi ad altre ricerche, spesso più competitive rispetto a Tsunami.
E il progetto dell’Unione Europea? Support-E le accende qualche speranza per il futuro?
E’ un’iniziativa del Centro nazionale sangue nella quale noi non siamo stati coinvolti. Il progetto è stato sviluppato con gli istituti di ricerca di Pavia e Mantova. Non siamo stati informati neppure dell’avvio del progetto.
fonte: donatorih24.it